PARTNERSHIP AL PROGETTO: SILVANO TOSTI - CENTRO ENEA

Ma perché è così importante produrre idrogeno in modo più efficiente?
“Perché sarebbe la risposta decisiva dal punto di vista ambientale”.

L’idrogeno è l’elemento chimico più leggero in natura, 14,4 volte più dell'aria ed è il più presente nell’universo. Allo stato elementare sulla terra si trova ad esempio nell'emanazioni vulcaniche, nelle fumarole e nelle sorgenti petrolifere. È presente combinato con altri elementi in molti composti come l'acqua e sostanze minerali, idrocarburi e le molecole biologiche. L’idrogeno può essere utilizzato nel settore energetico sia per alimentare i sistemi di trasporto sia per la produzione di energia elettrica, sostituendo gas e carbone come combustibili nelle centrali. Per ottenere l’idrogeno naturale è necessario estrarlo dalle sostanze che lo contengono, consumando molta energia. Per questo non è una fonte primaria di energia come il gas naturale, il petrolio o il carbone, ma è un vettore energetico. L’idrogeno può produrre energia in due modi: si può bruciare da solo o con altri combustibili, come nei razzi spaziali, mentre il secondo metodo consiste nel far reagire l'idrogeno con l’ossigeno, ottenendo energia elettrica attraverso un dispositivo chiamato cella a combustibile. Allo stato gassoso è un buon combustibile e quando viene bruciato produce una quantità di calore espressa in Joule/kg che è di 2,6 volte superiore rispetto a quella prodotta bruciando il metano. Quando viene a contatto con la maggior parte dei metalli elementari forma idruri, ossia dei composti solidi rendono più fragili i metalli. Se lo si raffredda la temperatura di -253 °C l’idrogeno diviene liquido e in questo stato non reagisce più in modo chimico con i metalli. Viene prodotto dall'acqua attraverso un processo di elettrolisi. Al momento la produzione è più vantaggiosa utilizzando idrocarburi nel processo chimico, ma l'Europa vuole spingere per l'utilizzo di fonti rinnovabili. Usare l’idrogeno su vasta scala è ancora difficile. Si disperde con facilità ed è altamente infiammabile, caratteristiche che complicano le operazioni di trasporto e stoccaggio. L’idrogeno può essere accumulato e trasportato in forma gassosa, liquida oppure assorbito su materiali speciali. Ogni modalità ha vantaggi e svantaggi e richiede significativi sforzi di ricerca e sviluppo. Lo stesso sforzo necessario per costruire una rete di rifornimento degli autoveicoli che funzioni su larga scala e che sia economicamente competitiva.


Trasformare direttamente il calore solare in idrogeno. E’ l’obiettivo di un team di ricerca dell’Enea che ha appena brevettato una nuova tecnologia molto promettente. "Il sistema, una volta perfezionato, avrebbe vantaggio di produrre idrogeno in modo molto più efficiente", spiega Silvano Tosti, ricercatore presso i Laboratori di Frascati dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile


Dottor Tosti, l’obiettivo è appunto raddoppiare l'efficienza delle tecniche attuali di produzione. Ma come?
“Partiamo da quello che si fa oggi per estrarre idrogeno dall’acqua in modo green: si trasforma l’energia solare in elettricità attraverso pannelli fotovoltaici e poi si usa quell’elettricità in un elettrolizzatore per separare l’ossigeno dall’idrogeno. Ma in entrambi i processi si perde dell’energia: solo il 20% dell’energia solare si trasforma in energia elettrica e solo la metà di questa diventa idrogeno. Insomma nel sommare i due processi si ha una efficienza complessiva del 10%: una parte su dieci dell’energia solare catturata da un pannello fotovoltaico diventa idrogeno”.

E qual è la vostra idea?
“Trasformare direttamente il calore solare in idrogeno. E’ processo noto, ma che richiede il raggiungimento di temperature altissime, tra i 3000 e i 4000 gradi centigradi. Il grandissimo calore provoca la separazione di ossigeno e idrogeno con una efficienza maggiore rispetto all’accoppiamento pannelli fotovoltaici-elettrolizzatori”.

Ma raggiungere temperature così elevate non rende tale tecnica poco competitiva rispetto a quelle attuali?
“E’ così. E infatti i nostri sforzi consistono nel far in modo che si riesca ad estrarre l’idrogeno dall’acqua a temperature più basse. Un trucco che stiamo usando è usare dei filtri. Con un filtro che fa passare solo le molecole di idrogeno si riesce a ottenere la reazione intorno ai 2500 gradi centigradi. Noi abbiamo aggiunto anche una seconda membrana che separa anche l’ossigeno: in tal modo abbiamo ottenuto la scissione dell’acqua tra i 1800 e i 1900 gradi. E con una efficienza del 20%, il doppio di quella dei sistemi attuali”.

E’ una temperatura accessibile?
“Sono stati fatti grandi progressi nel cosiddetto solare a concentrazione, quelle centrali che con una serie di specchi convogliano la luce solare in unico punto: si è passati da una temperatura massima di 700 gradi ai 1000 che si raggiungono oggi. Dunque c’è ancora un gap di alcune centinaia di gradi, ma ci stiamo lavorando. Per esempio dobbiamo sperimentare nuovi materiali  che resistano a tutto quel calore, e in questo torna utile l’esperienza del team Enea che a Frascati lavora ai reattori per la fusione nucleare, al cui interno si raggiungono temperature vertiginose. Altrettanto importante è il contributo dei colleghi di Enea Casaccia che si occupano invece di solare a concentrazione”.

Per una ricerca di questo calibro, che spazi occorrerebbe predisporre in un nuovo complesso dedito ad ospitarla?
“Sicuramente sarebbero necessari uffici che possano contenere un gran numero di ricercatori e dipendenti e che possano essere muniti delle strumentazioni che necessarie a favorire la ricerca. Stiamo parlando di una struttura che debba unire sia uffici amministrativi e dirigenziali, sia laboratori di analisi e di ricerca e sviluppo”.

Quanto è importante la vicinanza con un bacino idrico?
“La ricerca che stiamo conducendo si sviluppa proprio intorno al tema dell’acqua, o meglio, della sua molecola. Per l’attuazione della scissione dell’idrogeno dall’ossigeno è di vitale importanza avere una fonte d’acqua il più possibile vicino al laboratorio, che possa soddisfare la grande richiesta idrica di cui l’esperimento si nutre. In questo caso il fiume rappresenta un compromesso ideale.”

La pulizia dell’acqua è importante nel processo di lavorazione?
“Assolutamente. L’acqua dovrà essere in primo luogo depurata da ogni sostanza contaminante e in seconda istanza dovrà essere distillata tramite un processo osmotico per renderla completamente pura.”

Secondo Lei, quali dovrebbero essere le caratteristiche che un dipartimento all’avanguardia debba avere per soddisfare tutti i fabbisogni dei lavoratori?
“Sinceramente penso che la strada verso il raggiungimento di un traguardo lavorativo avvenga anche mediante il posto in cui si sta. Lavorare in un ambiente ricco di stimoli e di servizi sicuramente aiuta a mantenere un livello di stress controllabile. Sempre di più, aziende di grande calibro stanno investendo per creare un habitat lavorativo che tenga conto non solo del profitto, ma del fattore umano. Asili, mense o ristoranti, sale conferenze, dormitori per studenti tirocinanti o ricercatori fuori sede, contribuiscono a creare un posto dove poter lavorare con più serenità”





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